Intervista ad Angela Peccolo, influencer e content creator
Angela Peccolo, 29.000 follower, ha una community affezionata e una voce sincera. Ma soprattutto, ha un obiettivo preciso: trasformare la quotidianità in contenuto e le collaborazioni in racconto.
Oggi è content creator e influencer, ma tutto è iniziato per gioco: nel silenzio e nella solitudine della quarantena. Una fotocamera, qualche outfit, i piatti cucinati con quello che c’era. Nessuna strategia. Solo lei, così com’era.
Angela, com’è iniziato tutto?
Il mio percorso è iniziato durante il Covid. In particolare, già dall’inizio della quarantena. Per far passare il tempo, mostravo su Instagram la mia routine, gli outfit e anche i pochi piatti che cucinavo. Da lì sono iniziate ad arrivare le prime proposte di collaborazioni da diversi brand.
Com’era il mondo dell’influencer marketing agli inizi? E com’è oggi?
All’inizio era tutto più genuino. C’erano i grandi influencer, ovvero le celebrità, e poi i micro influencer, che erano davvero pochi. I grandi influencer sono stati tra i primi a investire tutto il loro tempo nella creazione di contenuti, ne hanno fatto una vera e propria professione a 360°. Noi, i micro influencer, mostravamo più semplicemente la nostra routine da persone normali.
Poi c’è da dire che all’inizio c’era una selezione accurata degli influencer. Oggi, purtroppo, è diventato un campo per tutti. Se prima lo si faceva per mostrare e consigliare, ora il motivo principale è diventato il guadagno.
Oggi cosa serve per lavorare come creator?
La competenza principale e fondamentale oggi è essere una brava content creator. È essenziale saper creare contenuti che siano autentici, coinvolgenti e di qualità.
Quando una collaborazione funziona davvero?
Una collaborazione efficace dipende dalla quotidianità. Il prodotto di un brand deve entrare a far parte della routine quotidiana dell’influencer, altrimenti risulterà forzato. Se si tratta di un servizio, deve essere coerente con ciò che l’influencer mostra ogni giorno.
C’è una campagna che ti è rimasta nel cuore?
La campagna di Gisar è quella che ricordo con più affetto. È stato il primo brand con cui ho avuto una collaborazione a lungo termine. Ero particolarmente legata perché non si parlava solo di vestiti o jeans, ma ci sentivamo come una vera e propria “famiglia virtuale”.
E quando i brand sbagliano?
Un errore comune che fanno i brand è non selezionare bene gli influencer. Per selezionarli, dovrebbero seguire l’influencer per un po’, osservare come comunica, che tipo di contenuti crea e, soprattutto, qual è il suo target di riferimento.
Come riesci a mantenere la tua autenticità anche nelle collaborazioni?
Bilancio la mia autenticità creando contenuti che, indipendentemente dal brand, rispecchiano sempre la mia personalità e la mia quotidianità. In questo modo, riesco a mantenere il mio stile e al tempo stesso rispondere alle esigenze del brand.
C’è un malinteso, secondo te, sul tuo lavoro?
La percezione più sbagliata che si ha del mio lavoro è che sembri semplice.